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Sulla posizione degli antimperialisti sul PKK

Da tre anni a questa parte le strutture affiliate al Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) nella Siria settentrionale e Kurdistan occidentale hanno sviluppato un’entità sociale che gode dell’attenzione generale del movimento rivoluzionario del mio paese, quanto meno in seguito alla battaglia per Ain al-Arab (Kobanê), a fine 2014, e alla morte di alcuni rivoluzionari provenienti dalle larghe e profonde masse della RFT, come Ivana Hoffman. Anche a livello mondiale questa battaglia ha ottenuto un grande riscontro. Molti giovani, principalmente progressisti hanno lasciano il loro paese pronti a dare la vita in questa battaglia e tanti lo
hanno fatto. Preferiscono combattere armi in pugno invece che una vita comoda e sicura.
Le varie tendenze ideologiche hanno posizioni diverse sugli sviluppi in Asia occidentale e in particolare in Siria settentrionale. Sono stati pubblicati numerosi articoli e documenti ma, purtroppo, il dibattito tra i diversi approcci a questi eventi è ristretto. Alcuni autori sembrano accontentarsi di confermarsi nei loro punti di vista, senza dare lo spazio necessario agli argomenti di chi dissente e alle critice.
Credo che la questione lo meriti e intendo trattarla dal punto di vista del maoismo. Il mio scopo è contribuire a un livello superiore di chiarezza all'interno del movimento rivoluzionario. Il quadro da cui mi muovo è la caratterizzazione del PKK e delle organizzazioni a esso affiliate, il loro atteggiamento verso l'imperialismo, in particolare l'imperialismo USA, il loro rapporto con lo Stato turco e, allo stesso tempo, la situazione internazionale e il suo contesto storico e le questioni di visione del mondo, posizione e metodo del proletariato internazionale sull’argomento. Il compagno Kader Yildirim in ottobre ha pubblicato sul sito internet di Lower Class Magazine su documento molto ampio, “Antimperialismo borghese e comunismo borghese come blocco di rivoluzione. Sul dibattito su Rojava”1, che espone quasi esaustivamente la “posizione Pro-PKK”. Dato che il compagno Yildirim si è assunto il ruolo di difensore d’ufficio del PKK contro le diverse critiche2, mi sento libera di agire da accusa. Che il lettore attento pronunci la sua sentenza.
Prima di tutto, tratterò la critica al PKK e a Abdullah Öcalan proveniente da ambienti del "Partito Comunista Tedesco" e recentemente pubblicata sulla piattaforma internet “Antiimperialista”. In proposito, vanno respinte con decisione le posizioni di tutti i partiti e organizzazioni revisioniste che si mascherano da comuniste, marxiste, anti-imperialiste o in qualsiasi altro modo, dato che dalle loro affermazioni emerge chiaramente il loro legame o subordinazione a questa o quella superpotenza o potenza imperialista, in particolare l'imperialismo russo (in continuità alla subordinazione al socialimperialismo). “Non avrò mai nulla in comune col nemico di classe”, scriveva Bertolt Brecht3, e questo è il giusto atteggiamento da tenere verso questi soggetti, i cui sforzi hanno fondamentalmente lo scopo di perpetuare la loro esistenza.
Se il compagno Yildirim, per sviluppare la sua linea, usa critiche come quelle di Hans Christoph Stoodt è perché articoli come “Crepe nella piramide imperialista”4 sono un tentativo non particolarmente riuscito di formulare una critica giusta. La causa per cui non sono particolarmente efficaci sta nella gran confusione che, convergendo col revisionismo del KKE5, Stoodt fa a proposito del sistema imperialista mondiale e sulla contraddizione principale a livello mondiale, che secondo Stoodt è la contraddizione inter-imperialista. Così i contrasti tra i diversi imperialismi diventano il motore dello sviluppo, il che porta ad una inazione del movimento rivoluzionario, in chiara analogia col revisionismo della PCR USA, quando ancora non si era allontanato apertamente dal marxismo con la cosiddetta “Nuova Sintesi”. Stoodt, inoltre, ignora le critiche sorte all'interno del movimento rivoluzionario tedesco, ad es. quella dei compagni della rivista "Klassenstandpunkt", e restringe la sua critica alle attuali alleanze in Siria settentrionale, tralasciando questioni fondamentali quali il carattere di classe del PKK, ecc.
Ma veniamo al punto. Le definizioni non sono insignificanti, se vogliamo intenderci sul loro contenuto. Le parole vuote non aiutano e non fanno che allontanare la discussione dal suo scopo, è perciò utile iniziare dal determinare oggettivamente che tipo di processo rappresentano le attività del PKK e delle organizzazioni ad esso affiliate. Yildirim le definisce con le parole come processo rivoluzionario contraddittorio, rivoluzione, approccio rivoluzionario del consiglio democratico, progetto rivoluzionario e progetto di rivoluzione6, che non aiutano molto né me né forse la maggior parte di noi a comprenderne il significato, salvo realizzare che evidentemente manca una sufficiente chiarezza di termini. In Yildirim si possono ritrovare solo due effettive definizioni:
“Una rivoluzione democratica nei rispettivi paesi in cui la “questione curda” era attuale, [...] conteneva elementi sia borghesi, sia socialisti.”7
e
“Rivoluzione democratica, che include una liberazione nazionale ed è munita di elementi socialisti.”8
Lasciamo da parte l’incoerenza su “nei rispettivi paesi”/“liberazione nazionale” e cerchiamo di chiarire la definizione centrale: “rivoluzione democratica”. Yildirim sbaglia, quanto meno da un punto di vista marxista, quando scrive: “I compiti della rivoluzione democratico-borghese sono tutte cose che sono più o meno consuete nei centri dell'imperialismo: il raggiungimento, in un contesto borghese, delle più ampie libertà politiche, il diritto di esistere per ogni identità religiosa, etnica, nazionale etc., un minimo pari opportunità di genere, democratizzazione delle strutture dello Stato ecc.”9
Questa è invece la concezione marxista dei compiti della rivoluzione democratica:
“1°: Distruggere dominio imperialista, nel nostro caso principalmente dell'imperialismo yankee, impedire l'azione dell'altra superpotenza, il social-imperialismo russo, e delle altre potenze imperialiste.
2 °: Distruggere il capitalismo burocratico, confiscando il grande capitale, statale e non statale.
3 °: Distruggere la proprietà feudale delle terre, confiscando le proprietà di società e privati, distribuzione individuale della terra con la parola d’ordine "la terra a chi la lavora", in primo luogo e principalmente ai contadini poveri.
4 °: Sostenere il medio capitale, cui è permesso agire in determinate condizioni ”10
A questo punto è necessario, per lo meno brevemente, obiettare che le affermazioni di Yildirim si possono interpretare come un’idealizzazione della democrazia borghese, forma di dittatura della borghesia. È opportuno ricordare anche che tra “le cose che sono più o meno consuete nei centri dell'imperialismo” è compreso, tra l’altro, l'assassinio di africani per il colore della loro pelle per mano di apparati dello Stato, come nel caso di Oury Jalloh, che sotto l’imperialismo le “pari opportunità di genere” non sono che disprezzo dell’emancipazione delle donne, e che il “diritto di vivere per ogni qualsiasi identità religiosa” è stato continuamente attaccato, in particolare negli ultimi anni contro i musulmani.
Si dovrebbe poi discutere quali forze sono coinvolte in questa rivoluzione, per determinarne il carattere. Ciò è reso più difficile dal fatto che, come spiega Yildirim, Abdullah Öcalan, e di conseguenza il PKK e le organizzazioni ad esso affiliate “rinunciano esplicitamente all’antagonismo di classe”. Nel suo documento Yildirim rinuncia anche all'analisi del carattere di classe e della direzione di classe di tali organizzazioni. Secondo Yildirim, il PKK e quelli ad esso vicini collaborano “nel NCC con altri partiti, per lo più socialisti, nasseriani e apertamente pro-Assad”, con le diverse forze “all'interno delle Forze Democratiche della Siria (SDF)” e, in Iraq, ci sono sia “alleanze più strategiche con il movimento Goran e il PUK di Talabani” sia un Consiglio “in cui le forze del Pkk e quelle Barzani si equivalgono”11. Dunque, le forze con cui il PKK e le organizzazioni ad esso affiliate collaborano sono, in Siria, i rappresentanti dello stato capitalista burocratico e dei latifondisti e burattini dell'imperialismo russo (i partiti pro-Assad); in Iraq, ancora i rappresentanti rappresentanti dello stato capitalista burocratico e dei latifondisti e collaborazionisti degli occupanti americani (Talabani) e il “capitalismo dinastico” del clan Barzani che, parole di Yildirim, nel nord dell'Iraq sviluppa un “capitalismo monopolistico”. Già questo non sembra una buona cosa, ma lasciamo da parte per un momento il documento di Yildirim e consideriamo come questo processo viene definito, prendiamo la Costituzione di Rojava. “Fonte del potere è la popolazione, il potere appartiene alla popolazione.” E “La fonte dei consigli democraticamente costituiti e degli organi esecutivi è la popolazione. Non è tollerato che questi siano monopolizzati da uno strato/classe”12. Il problema è che in questo modo invece che marxismo si adotta il corporativismo. Si negano la lotta di classe e il suo necessario sviluppo verso la dittatura del proletariato13 e, nel nome di democrazia, giustizia e libertà (logoro mito della borghesia rivoluzionaria dei secoli passati) si applica un principio fascista14.
La Costituzione disciplina anche la base materiale, le forme di proprietà e sfruttamento: “Il diritto di proprietà e la proprietà privata sono tutelati. A nessuno sarà negato l’uso della sua proprietà. Nessuno sarà espropriato. Se ciò fosse necessario, per l’interesse pubblico, il proprietario sarà risarcito”15. Dunque, è garantita la base economica della dittatura borghese.
“Tutte le risorse minerarie e naturali appartengono a all’intera società.” E “Nelle amministrazioni autonome-democratiche tutti i beni immobili appartengono alla popolazione. Il loro uso e distribuzione sono stabilite dalle leggi.”16 - Presi separatamente, sembrano buoni punti ma, per le limitazioni imposte dalle altre parti della Costituzione già menzionate, risultano meno efficaci: se dovessero esserci degli “espropri”, saranno risarciti. Gli ex proprietari mantengono il loro status, solo mutano le circostanze. Questo mi ricorda la “Commissione Congiunta Sino-Americana sulla Ricostruzione Rurale", che ha realizzò la cosiddetta “riforma agraria” nella Taiwan occupata dal Kuomintang.
Quel che è chiaro, e che né il PKK e le organizzazioni ad esso affiliate né i loro sostenitori negano, è che non è il proletariato la forza dirigente, né nel partito né nello Stato, né nell’ideologia. La domanda allora è: ci può essere una rivoluzione democratica borghese (oggi di nuova democrazia) sotto la direzione della borghesia invece che sotto la direzione del proletariato guidato dal suo partito comunista? La risposta è no, oggi non più. Invece, il PKK e le organizzazioni ad esso affiliate lo affermano ripetutamente. Altrettanto fa Yildirim.
Con in più un’aggravante, che non deve passare sotto silenzio. La “rivoluzione democratica” di Öcalan, del PKK e delle organizzazioni vicine ad esso “si riferiscono positivamente al Progetto di Grande Medio Oriente”17 degli americani. Yildirim ritiene che tali posizioni in seno al PKK siano cosa del passato “non ulteriormente sviluppate”18.
Lungi dall’avere conoscenza completa di tutti i documenti del PKK e Öcalan, specie di quelli non tradotti, credi sia comunque facile capire il quadro segnato da quanto appena citato e che occorre che i compagni che simpatizzano con il PKK li considerino attentamente.

In un documento recente - “Jenseits von Staat, Macht und Gewalt”, capitolo “Die Zivilisation des Mittleren Ostens: Wege aus dem Chaos” – Öcalan, a introduzione all’argomento (che occupa diverse pagine), prima di tutto parla positivamente dell'imperialismo USA. A proposito degli americani, parla di “necessità di una leadership imperiale”. E ancora: “Dobbiamo considerare che la visione del mondo degli Stati Uniti si fonda sulle più recenti scoperte della scienza. [...] Essi non ignorano la storia, cercano di creare loro modelli significativi alla luce dei modelli storici”19. Öcalan poi conclude con un’analisi positiva di ciò che di solito i marxisti, i rivoluzionari, gli anti-imperialisti e i progressisti chiamano, giustamente, terrore, guerra, genocidio e rapina dell’Asia Occidentale per mano degli Yankee: “Dunque, sviluppo economico, libertà individuali, democratizzazione e sicurezza devono essere promosse simultaneamente [dagli Yankee, nda]. […] da chiunque [gli Yankee; nda] voglia risolvere problemi e conflitti annosi (Israele-Palestina, curdi-arabi, Turchia, Iran), liberando allo stesso tempi il tessuto sociale dalla morsa del
dispotismo e prevenendo così nuove esplosioni. È una sorta di nuovo Piano Marshal adattato alla regione[...]”20. Tutto ciò è inaccettabile per i progressisti. Öcalan definisce l’annientamento ed espulsione di milioni e milioni di persone, i massacri, le torture, la politica di genocidio, “necessario e realistico”21, la sua critica è: “è perfino in ritardo”22.
Breve digressione sul Piano Marshall: va notato che non fu qualcosa di positivo, come appare nelle parole di Öcalan, fu invece la base per lo sviluppo dell'imperialismo USA a superpotenza. Credo che qui restino chiaramente dimostrate, da un lato, quale sia la posizione di classe di Öcalan, dall'altro, che occorre mettere in discussione l'onesta dei suoi difensori.
A questo punto, per confutare gli argomenti precedenti, vorrei illustrare brevemente il punto di vista del marxismo sulla questione: è oggi necessario che la rivoluzione democratica avvenga sotto la direzione del proletariato, perché la borghesia non è più in grado di farlo. Non lo è più da quando il capitalismo è entrato nella sua fase suprema e finale, l'imperialismo, e ha imposto questo come sistema mondiale. Il capitale finanziario imperialista è penetrato nei paesi meno sviluppati e qui, e sotto il suo predominio assoluto, si è fuso con il capitale commerciale e bancario, ai suoi primi stadi di sviluppo. L'imperialismo ha creato nel Terzo Mondo una borghesia che dipende interamente da esso (differenti fazioni possono dipendere da differenti superpotenze e potenze imperialiste, creando così contraddizioni): il capitale burocratico (prima definito borghesia compradora). Esso preserva la sua posizione dominante nel paese insieme ai grandi latifondisti e, perciò, si adopera per mantenere parzialmente di feudalesimo. Sorge così la semi-feudalità. Quindi, un interesse vitale della borghesia si oppone a quello che è il cuore della rivoluzione democratica, l'estinzione del feudalesimo, la riforma agraria, “la terra a chi la lavora”. La borghesia nazionale e la piccola borghesia sono in contraddizione con questo dominio, perché subiscono la dittatura dei grandi latifondisti e dei capitalisti burocratici, ma le loro stesse aspirazioni borghesi - diventare potenti, cioè borghesia burocratica - rende impossibile una loro direzione della rivoluzione democratica. D’altra parte, il proletariato può e deve, sotto la sua direzione, utilizzare queste contraddizioni e metterle al suo servizio. Non c'è altra via. Eventi come la "primavera araba", il "movimento per la democrazia", mostrano solo che il movimento "democratico-borghese" è cosa da tempo superata. Solo il proletariato, attraverso il suo partito comunista, può condurre la rivoluzione democratica.23
La rivoluzione di nuova democrazia è uno sviluppo del presidente Mao, ma non è in contraddizione con gli insegnamenti di Marx e Lenin. Al contrario, lo stesso Lenin dice: “... il vero slancio della rivoluzione russa incomincerà veramente, raggiungerà veramente la massima ampiezza rivoluzionaria possibile nell'epoca della rivoluzione democratica borghese, solo quando la borghesia se ne sarà allontanata e quando i contadini, a fianco del proletariato, assumeranno una funzione rivoluzionaria attiva. Per essere condotta a termine in modo conseguente la nostra rivoluzione democratica deve appoggiarsi su forze capaci di paralizzare l'inevitabile inconseguenza della borghesia (ossia capaci precisamente di « costringerla ad allontanarsi », ciò che temono nella loro semplicità i seguaci caucasiani dell'Iskra).
Il proletariato deve condurre a termine la rivoluzione democratica legando a sé la massa dei contadini, per schiacciare con la forza la resistenza dell'autocrazia e paralizzare l'instabilità della borghesia. Il proletariato deve fare la rivoluzione socialista legando a sé la massa degli elementi semiproletari della popolazione, per spezzare con la forza la resistenza della borghesia e paralizzare l'instabilità dei contadini e della piccola borghesia. Tali sono i compiti del proletariato ...”24
Questo è un dato di fatto e il PKK non può eluderlo (anche se alcuni cercano o argomentano per farlo). I documenti sono inequivocabile. Non indicano la direzione del proletariato nella rivoluzione democratica né la stabiliscono nella pratica. Di conseguenza, nella pratica il PKK è contro la realizzazione dei compiti della stessa rivoluzione democratica. Là dove esercita il potere, nel Nord della Siria, ha stabilito una Costituzione che lo dimostra in tutta evidenza.
Non può essere atteggiamento da marxisti definire i responsabili di ciò “eroi del genere umano”, e le giuste critiche “tradimento” e controrivoluzionarie (“inibizione attiva di un processo rivoluzionario contraddittorio”25) ma il documento di Yildirim dà questa impressione. Sono queste critiche il“peggior nemico”26, come lo chiama Tucholsky?
“Nella società divisa in classi, ogni individuo vive come membro di una determinata classe e ogni suo pensiero, senza eccezione, porta un'impronta di classe.” Questo ci insegna il Presidente Mao in “Sulla pratica”. Pertanto, anche tutto ciò che Ocalan, il PKK, il PYD, il KCK, l'YPG o qualsiasi altra loro organizzazione o rappresentante dica e faccia porta un’impronta di classe. Qualsiasi altra posizione è idealismo, va denunciato e combattuto in quanto tale. La domanda da farsi è a quale classe appartengano Ocalan e il PKK. Il PKK non è un partito proletario ma borghese, fondato su un programma eclettico borghese.
Il programma del PKK del 1995 afferma che durante gli anni della sua formazione (1970-1978), il PKK si è sviluppato da un circolo studentesco ed si è basato principalmente su intellettuali. Ocalan stesso, e come lui alcuni altri dirigenti attivi, provengono dall'organizzazione guevarista. Ne risulta un programma, il primo programma del partito del PKK dal 197727, in cui ci si sforza di apparire marxisteggianti. Diversi aspetti del marxismo, quali la riforma agraria, l'alleanza operai-contadini ecc., trovano posto in quel programma, ma ne mancano altri essenziali, quali la realizzazione della direzione del proletariato nella rivoluzione attraverso il suo partito comunista. La caratterizzazione della rivoluzione come “rivoluzione del Kurdistan” è nell’essenza lo stesso anti-marxismo del Bund Generale Operaio Ebraico di Lituania, Polonia e Russia. Nella parte successiva del programma si ritrova la “amicizia con i paesi socialisti”. Nel 1977 l’Unione Sovietica era già stata completamente trasformata dai revisionisti in un paese social-imperialista e nella Repubblica popolare cinese era già avvenuto il colpo di stato revisionista. Affermare l’esistenza di paesi socialisti in quel contesto storico è puro revisionismo. Non sorprende perciò che in seguito sia stato facile in seguito gettare a mare posizioni come definire capitolazione la richiesta di autonomia regionale o rifiutare la presenza in Kurdistan di basi militari di qualsiasi altro paese potrebbe semplicemente. È l’essenza del revisionismo camuffarsi da marxismo più sviluppato (se si studia il primo programma, risulta evidente il riferimento all’opera del presidente Mao), senza rispettarne alcun principio. Dunque, fin dall'inizio Ocalan esprime la direzione della borghesia nel PKK.
Ma Yildirim, malgrado questi fatti, tutti pubblicamente accessibili, sostiene questa posizione: “il PKK, d’altra parte, è stato per lungo tempo un'organizzazione apertamente socialista, che insieme alla liberazione nazionale dei curdi perseguiva un modello di rivoluzione democratica che si sviluppa in una socialista. È vero che ideologicamente molto è cambiato nel PKK, ma esso rappresenta ancora una sfida per l'ordine capitalista in Turchia e il ruolo di questa nella struttura imperialista NATO”28. Ma, come già dimostrato, questo è un mito, nient’altro che il mito di ciò che il PKK era. Yildirim menziona poi più volte dei “rappresentanti dell'ala rivoluzionaria-socialista all'interno del PKK” o “vecchi quadri di orientamento socialista, da sempre strettamente legati alla sinistra rivoluzionaria turca”. Questi, almeno nelle fantasie di Yildirim “presero il timone e riportarono il PKK su una linea rivoluzionaria indipendente”29.
È evidente che la precisione non è tra le doti di Yildirim, non che ciò mi dispiaccia, rende il mio lavoro più facile. Un piccolo aiuto per lui, e per chi si avventura sul suo terreno, può essere un’affermazione di Friedrich Engels, che, più di 125 anni fa, descriveva in modo chiaro che cosa che va chiamato “socialista”,: “Così, il socialismo era nel 1847 un movimento delle classi medie, il comunismo un movimento della classe operaia. Il socialismo, fu, almeno nel continente, “rispettabile”; il comunismo fu esattamente l’opposto. Ed essendo la nostra opinione sin dall’inizio che «l’emancipazione della classe operaia deve essere opera della classe operaia stessa» non poteva esserci dubbio quale dei due nomi noi avremmo dovuto scegliere. Comunque noi siamo stati fin da allora lontani dal ripudiarlo”30
Eppure, secondo Yildirim, il PKK e organizzazioni affiliate sono comunque “una sfida per l'ordine capitalista in Turchia e il ruolo di questa nella struttura imperialista NATO”. Ne sarebbero garanti i rappresentanti di quella “ala” che di volta in volta chiama: rivoluzionaria, socialista, sinistra, falchi. Yildirim ne fa anche i nomi: “Cemil Bayik, Murat Karayilan, Duran Kalkan”31. Ma Questa affermazione resiste al vaglio di una verifica?
Cemil Bayik in una recente intervista ha affermato: “consideriamo il rifiuto dell’HDP di entrare in un’alleanza con l’AKP un errore storico.”32 È questa la sfida all'ordine capitalista di cui Yildirim fantastica? Qualcuno dovrebbe invitarlo a ricredersi. O forse gli è sfuggita questa intervista? Improbabile. È un passaggio centrale di un articolo cui Yildirim fa esplicito riferimento. Perché Yildirim non lo considera? Nessuno lo sa esattamente.
Altri indizi fanno propendere per l'ipotesi dell’arroganza. Si assume, talvolta più, talvolta meno apertamente, che per Ocalan, il PKK e le organizzazioni ad esso affiliate le leggi del marxismo non valgono. Si dice che questa organizzazione è al di là delle leggi della lotta di classe, delle leggi della società. Si crea così una visione del mondo idealistica in cui Ocalan si erge al di sopra delle leggi materiali a cui tutti gli altri sono soggetti. Lo stesso Ocalan una volta disse spavaldamente di sé: “A differenza dai politici, in realtà somiglio di più ai profeti”33. Kader Yildirim la mette in forma un po’ più orecchiabile “gli esponenti di sinistra [...] che si sono fatti largo nella storia mondiale non sono “ML”.”34.
Öcalan e il PKK si sono sbarazzati del loro marxismo di facciata già molto tempo fa. L’opposizione al presunto prevalere del materialismo volgare, gli diede il pretesto per passare apertamente all'idealismo. Contro il materialismo storico, propugna la triade hegeliana; per spiegare l'origine del universo, si avvale della metafisica di Aristotele, invece che della teoria scientifica “The Grand Design” di Stephen Hawkins (il cui problema è quello di riconoscere le leggi del materialismo solo al livello delle scienze naturali); e riprende la definizione di “umano” dal trotskista eco-anarco statunitense Murray Bookchin35.
In una intervista nel 2008, Duran Kalkan ha esposto in questi termini l'opportunismo del PKK: “Noi non rifiutiamo il marxismo. Ma non ci definiamo i marxisti classici in quanto tali. Non diciamo neanche siamo i successori del marxismo né [...] che abbiamo analizzato e corretto i limiti del marxismo. Dunque, non ci siamo sganciati dal marxismo né lo respingiamo, l’abbiamo semplicemente sorpassato” 36 Öcalan giunge a questa conclusione: “Non appena chi ricerca soluzioni - che sia Zarathustra, Mani, Noè, Abramo o Maometto - si riduce a un prete sumero, finisce per respingere quel popolo che voleva riscattare. È la stessa attitudine che ha portato al tentativo leninista di schiacciare lo Stato imperialista, di costruire la dittatura del proletariato. Il leninismo condivide la stessa sorte. Anche il maoismo e tendenze simili appartengono questa stessa tradizione.”37
Nondimeno, non sono pochi quelli che cercano di mettere la mascherata marxista o rivoluzionaria o alle concezioni antimarxiste, cioè contro-rivoluzionarie, di Öcalan38. A questo proposito, signori come Kader Yildirim sono tanto arroganti da andare addirittura in estasi descrivendo la prospettiva della leadership del PKK in Siria settentrionale come “valutazione di valore generale”39. La conclusione, perciò, e che “Il principale è che essa [la “rivoluzione” nda] corra avanti!”40. Il che dice tutto. Il PKK, le organizzazioni affiliate e la sua leadership, così come i suoi sostenitori, che fingono di essere marxisti, si rifiutano di presentare il loro piano, a fare che cosa esattamente il PKK si impegna. Si limitano a recitare come un mantra le parole: autonomia democratica, confederalismo. Questo non-impegno non è espressione dell’applicazione di una tattica flessibile ma puro opportunismo.
Opportunismo che si esprime anche in questi termini: “le forze curde vicine al PKK e ai suoi alleati offrono qualcosa a ognuno e in parte ne condividono gli interessi”. Ognuno di tanti, Yildirim ne nomina solo alcuni: “Con settori del FSA si potrebbe forse alleare sulla linea Jarablus-Azaz-al Bab”; “alleanze più strategiche con il movimento Goran e il PUK di Talabani”; “Con i partiti dell'opposizione non-jihadista e temporaneamente anche con gruppi islamisti”; “Durante l'assedio di Aleppo nel 2016 ancora con il regime”; “forze curde e alleati con le forze del regime e alleati”; “i curdi sono stati sostenuti dalla Russia con attacchi aerei”; E, naturalmente, c'è sempre “il sostegno degli Stati Uniti”41, che però in tutti i modi si cerca di minimizzare42. La favola dei soldati non combattenti che Yildirim racconta: “[...] i reparti speciali USA sono impiegati principalmente al coordinamento degli attacchi aerei, non si impegnano direttamente in combattimento [...]”43 In realtà, le forze speciali USA, che attualmente contano 500 unità, comprendono reparti speciali, addestratori e anche esperti in esplosivi44. Nell’operazione “Ira di Khabur” “le forze speciali USA hanno aiutato le forze dell’opposizione siriana [SDF e altri; nda] a riconquistare la città di al-Shaddadi dallo Stato Islamico.”45
Di certo ciò ha a che fare con chi riceve armi da chi. Yildirim spiega che gli americani hanno fornito armi leggere e munizioni, che le armi sono state “ottenute” “da Iran, Russia e soprattutto sul mercato nero”, molte erano “armi ex-Sovietiche” e, anche, che possono aver “accettato armi da Iran e Israele”46.
Ma come ottengono le armi i marxisti? Il presidente Mao Tse-tung ci insegna che “Reintegrare la nostra forza con tutte le armi e la maggior parte degli effettivi catturati al nemico. È dal fronte che proviene la maggior parte del potenziale umano e del materiale per il nostro esercito.”47 Certo, si possono anche comprare armi, ma conquistarle e auto-produrle è molto più importante, ma accettare armi da altri è contrario al principio di indipendenza e autosufficienza. Ma Yildirim non ha idea di quali siano i principi marxisti, e perciò non ne fa parola.
Rivolge invece parole (piuttosto sarcastiche) a chiunque critichi il PKK: “teoretucoli sputasentenze ML”; “Super-emmellisti”; “Profeti e Mediorentologi ML”; “Apostoli ed eroi Antiimp ML”; “Eroi universali ML”; “aspiranti emmellisti”48. La frequenza in cui Yildirim utilizza questi termini lascia intendere che non voglia un dibattito su un piano di parità, ma semplicemente denigrare chi critica. Così, anche le sue frasi sui “Mediorientologi tedeschi” che con i loro “rancori piccolo borghesi” “non hanno avuto nulla da dire nella storia del mondo”, vanno giudicate di conseguenza. Per mettere le cose in chiaro, riporto una citazione tratta da un documento di partiti e organizzazioni latino-americani appena pubblicato:
“Non riconoscendo il carattere semi-feudale dei nostri paesi e la necessità della guerra agraria per superarlo, si finisce col negare la necessità della rivoluzione democratica nei paesi oppressi, la necessità di sviluppare la guerra nazionale come una guerra unitaria - principalmente nelle campagne e come complemento necessario nelle città - per porre fine all'imperialismo, al capitalismo burocratico e semi-feudale. Dunque, senza riconoscere il carattere semi-coloniale e semi-feudale in cui il capitalismo burocratico si sviluppa nel cosiddetto Medio Oriente, non è possibile comprendere il carattere delle lotte di liberazione nazionale dei popoli contro le diverse potenze imperialiste, il carattere della resistenza, della guerra giusta, principalmente contro l'imperialismo yankee ma senza trascurare la superpotenza nucleare russa, a prescindere dalla classe le cui forze, in assenza di una direzione comunista, conducono quelle lotte armate.”49
“Antimperialismo, sovranità nazionale, difesa del diritto internazionale, bla bla bla”50 sono concetti sbagliati perché si presume siano borghesi, a parere di Yildirim. In effetti, la questione della sovranità nazionale della Siria deve essere una nota dolente per Yildirim, perché gli americani51 e la Turchia52 la stanno calpestando con l’appoggio del PKK. Yildirim ha ragione solo sul fatto che il diritto internazionale è diritto borghese (che, comunque, fu riconosciuto e utilizzato dagli allora paesi socialisti). È giusto, però, denunciare che gli imperialisti non si ritengono vincolati neppure dalle loro stesse leggi.
Tutto è tattica, molto flessibile, che nessuno, tranne Ocalan stesso, comprende. Queste distorsioni sono proprie del repertorio dei difensori di Ocalan: se Ocalan è contro la modernità, è progressista; se Öcalan è per negoziati di pace, è guerra rivoluzionaria; se parla contro lo Stato, ma vuole che lo Stato turco non sia frantumato e predica pace ed opportunismo elettorale, ciò, in qualche modo, conduce al comunismo. Queste evidenti sciocchezze sono espressione della linea di difesa del PKK proposta dal saggio di Yildirim.
“La filosofia marxista, il materialismo dialettico, ha due caratteristiche peculiari. La prima è la sua natura di classe: essa afferma apertamente che il materialismo dialettico è al servizio del proletariato. L'altra è la sua natura pratica: essa sottolinea che la teoria dipende dalla pratica, che la teoria si basa sulla pratica e, a sua volta, serve la pratica.”53 Parliamo della pratica del PKK e del suo “internazionalismo”. Come si concretizza, ad esempio nella RFT? Se arriva Erdogan, le organizzazioni affiliate al PKK e i loro amici si mobilitano con tutte le loro forze, dato che sono sono ancora anti-Erdogan, e portano in strada migliaia di persone. Lo hanno mai fatto verso qualsiasi altro paese? Riescono solo a immaginare di fare qualcosa del genere? In generale, come si pone il PKK verso rivoluzionari proletari degli altri paesi? Qual è, per esempio, il loro atteggiamento verso la guerra popolare in India o la lotta dei contadini senza terra in Brasile? C'è un interesse verso questi movimenti all'interno del PKK? Ovviamente no. Tutto e tutti sono subordinati alle esigenze politiche quotidiane del PKK. Se possibile, agiscono insieme ai partiti borghesi, come Link o i Verdi, se con questi ci sono problemi, allora le loro azioni si fanno più militanti e usano alcune settori degli autonomen. Ma tutto deve essere subordinato all'interesse politico del giorno del PKK. Non hanno alcun interesse nella costruzione di un movimento antimperialista in altri paesi. “Kurdistan prima di tutto!” è il loro principio guida e questo sciovinismo, è l’esatto contrario dell’internazionalismo: “Non c'è che uno, e un solo, tipo di autentico internazionalismo, ed è lavorare instancabilmente per lo sviluppo del movimento rivoluzionario e la lotta rivoluzionaria nel proprio paese e sostenere (con la propaganda, l’appoggio e aiuti materiali) questa lotta, questa, e solo questa, linea, in ogni paese senza eccezioni. Tutto il resto è inganno ...”54
I compagni di Klassenstandpunkt hanno colto il cuore della questione: “Chiunque si occupi solo della “propria rivoluzione” o interessi nazionali, che sia in un paese oppressore o oppresso, o valuti gli interessi diretti di un popolo al di sopra di quelli della rivoluzione proletaria mondiale non può essere considerato un comunista, è uno sciovinista.”55
Yildirim non dice una parola su questo, eccetto il passaggio seguente: “Qui il comunismo borghese si sposa con un particolare elemento borghese di terrorismo piccolo borghese nel movimento comunista, che in senso stretto si chiama stalinismo. Secondo il lemma “chiunque non sia assolutamente dalla mia parte il mio lato è nemico mio e della rivoluzione in generale” ...”56 Non è anticomunismo questo? Io credo di si.
Qual è la posizione del PKK e suoi affiliati sullo stato turco? Alcuni aspetti sono già stati trattati. L'obiettivo del PKK e di Ocalan non è la distruzione dello Stato turco in sé, perché non hanno alcun problema fondamentale con esso ma con la politica attuale (in netto contrasto con quella di alcuni anni fa) di Erdogan contro gli sforzi di pace di Ocalan e, almeno al momento, con i massacri della popolazione civile nella Turchia orientale. Vogliono semplicemente un cambio di regime, una democratizzazione e quindi la partecipazione al potere. I fronti elettorali promossi dal PKK, come l'HDP, hanno ottenuto i loro successi ma in questo momento non sembrano essere uno strumento efficace per il PKK.
A questo punto, vediamo la questione delle forme di cooperazione tra i partiti e le organizzazioni rivoluzionarie in Turchia con il PKK. Il PKK sta lavorando ad un accordo con lo Stato turco e ci si gioca quasi tutto (situazione è simile all’attuale processo di capitolazione delle FARC in Colombia). In linea di principio, per un forza che rappresenta i nazionalisti curdi, esiste la possibilità di un'alleanza, proprio come il Bund poté svolgere un ruolo nella rivoluzione russa, ma tale alleanza non può porsi sotto la direzione di questa forza. Un'alleanza simile sarebbe utile per guadagnare influenza sui loro quadri medio-bassi sulle loro masse, che hanno forte simpatia per la rivoluzione. Il PKK, però, in virtù della sua forza, pretende la sottomissione alla propria leadership, e diversi partiti e organizzazioni accettano la richiesta (di solito con la motivazione che quelli del PKK e delle sue organizzazioni sono tanti, senza discutere perché uno ha numeri inferiori), come dimostra la formazione del Battaglione Internazionale della Libertà e del Movimento Popolare Rivoluzionario Unito. Anche la questione della partecipazione alle elezioni è importante. Su questo Nel 1971 i compagni cinesi guidati dal presidente Mao hanno dato un importante contributo:
“In questi cento anni, molti partiti comunisti hanno partecipato alle elezioni e sono entrati nel parlamento, ma nessuno di essi ha potuto instaurare la dittatura del proletariato con tale mezzo. Anche se un partito comunista ottiene la maggioranza nel parlamento o entra nel governo, ciò non significa che il carattere borghese del potere politico sia cambiato e ancora meno che la vecchia macchina statale sia demolita. La classe dominante reazionaria potrà proclamare non valide le elezioni, sciogliere il parlamento o addirittura ricorrere alla violenza per estromettere i comunisti. Se un partito proletario, invece di svolgere il lavoro tra
le masse e di impegnarsi nella lotta armata, sostiene con zelo le elezioni parlamentari, esso non farà altro che addormentare le masse e corrompere se stesso. La borghesia compra i partiti comunisti attraverso le elezioni parlamentari e li trasforma in partiti revisionisti, in partiti borghesi. La storia non ci fornisce forse numerosi esempi di questo genere?”57
In proposito, vanno considerati la definizione di sé di Öcalan - “A differenza dai politici, in realtà somiglio di più ai profeti” - e il suo disprezzo per le masse più ampie e profonde: “Purtroppo, la sviluppata Germania è in qualche misura inquinata dall'arretratezza della nostra gente. Ciò mi intristisce. ... È per questo che il razzismo si sta diffondendo nuovamente. E giustamente per altro! Credo la destra abbia anche ragione. Lo dico apertamente, non la penso come un socialdemocratico su questa questione. La destra ha ragione.”58
Considerando questa attitudine, non sorprende che Yildirim accolga con entusiasmo la prospettiva di una società “democratica”, - nel senso imperialista del termine- sotto la guida del PKK, una società di redditieri e gran signori (trustafarians): “la rivoluzione resta bloccata al completamento della rivoluzione democratica – cosa che, date le circostanze e rispetto a tutte le altre alternative reali, non sarebbe poi così male. I curdi e gli altri popoli potrebbero godere di tutti i diritti e le libertà che tutti gli altri popoli dei centri imperialisti hanno già ...”59 A parte il fatto che ciò che Yildirim descrive è impossibile, è proprio ciò che i comunisti, gli anti- imperialisti e rivoluzionari non vogliono. Al contrario, vogliono seppellire l'imperialismo i privilegi ad esso associati - una vita a spese degli altri.
Ogni relazione umana, sociale o scientifica è caratterizzata dalla contraddizione e dalla conseguente disuguaglianza. Ciò si riflette nel fatto che c'è una lotta tra interessi, dove un interesse prevale. In un'alleanza, uno prevale, uno dirige, anche se sono possibili successi parziali degli altri.
I difensori di Ocalan hanno varie opzioni per rivendicare la sua collaborazione con l'imperialismo. Una somiglia al ladro che grida: fermati, ladro! Che applicata al PKK diventa: è Osman che lo ha fatto! Si basa anche sulle "diverse fazioni" all'interno del PKK, che non è altro che una giustificazione per tutti i tipi di problemi e guai, familiare al movimento comunista internazionale dal Nepal alle Filippine. Nel caso di Yildirim, suona così: “... in pratica, solo per un breve periodo, nei primi anni 2000, c’è stato un gruppo di quadri del PKK, tra cui un fratello di Abdullah Ocalan, Osman Ocalan, che ha approfittato della confusione di quel periodo e ha cercato di trascinare il PKK su una linea apertamente pro-imperialista. Osman Ocalan con i suoi sostenitori si mise sotto la protezione degli USA a Mossul e propose la cooperazione con gli Stati Uniti. Criticò i legami troppo stretti del PKK con i socialisti turchi e propose maggiore insistenza sull'identità nazionale curda. Glorifico anche l'invasione dell'Iraq, che ha definì “colonialismo democratico”.”60
La seconda opzione è semplicemente negare: “Se siete interessati alla storia, come è il caso per i marxisti, la prima cosa che dovreste chiedervi è: perché per decenni gli USA hanno sostenuto il clan Barzani - ma mai il PKK o le organizzazioni ad esso affiliate?”61 e ancora “... gli Stati Uniti per lungo tempo non hanno sostenuto l’YPG/J e il PYD. Anche durante la fase più dura dell’assedio di kobanê ... il 12 ottobre 2014 il Segretario di Stato americano John Kerry dichiarava: Quello che sta accadendo in Kobanê è tragico, ma non definisce la strategia della coalizione internazionale nella lotta contro l’IS. ... Nessuno di loro [PKK ecc .; nda] ha chiesto seriamente qualcosa agli Stati Uniti. Ciò su cui hanno insistito è l'apertura della frontiera da parte della Turchia, in modo che i militanti del PKK in armi potessero raggiungere Kobanê e ribaltare la situazione”. ”62
Una terza possibilità è banalizzare: “Il calcolo del PKK e YPG/J era ed è: se ci sostengono, fin tanto che abbiamo obiettivi comuni (combattere l’IS), bene. Se non ci sostengono, altrettanto bene; continueremo a navigare per nostro conto in ogni caso, con, senza, o anche contro di loro. E, se cercano di integrarci, useremo il minimo di riconoscimento che questo sforzo di integrazione ci porta per consolidare e anche ampliare ulteriormente il nostro progetto … ”63
Infine, per giustificare di ciò che non può essere ripudiato, negato o minimizzato, si usano distorsioni di esempi tratti dalla storia del movimento comunista internazionale: "... Stalin, che ha aderì alla coalizione con gli Alleati, imperialisti anti-comunisti..”64 È qualcosa che vale la pena di dettagliare. L'Unione Sovietica, da stato socialista, è entrato in alleanze temporanee con gli imperialisti inglesi e americani. Ma accadeva in un momento in cui era chiaro che il nemico principale dei popoli del mondo era l'imperialismo tedesco. Prima, quando questo ruolo era dei britannici, l'Unione Sovietica strinse un patto di non-aggressione temporanea con l'imperialismo tedesco. Il PCC, che ogni tanto per i difensori di Ocalan ha lo stesso ruolo, strinse l'alleanza con il Kuomintang contro gli invasori giapponesi. Chiang Kai-shek era un agente degli americani, ma non fu un'alleanza diretta con l'imperialismo yankee e in nessun caso le forze armate rivoluzionarie furono subordinate ai loro alleati (come invece avviene nel Nord della Siria per gli attacchi aerei coordinati). In entrambi i casi la situazione era del tutto diversa da quelle presente nel Nord della Siria. Un paragone ragionevole potrebbe essere il seguente: oggi, entrare in un'alleanza con gli Yankee contro l’IS sarebbe come essersi alleati con Hitler contro il capo fascista l'ucraino Bandera a metà del secolo scorso.
Inoltre, ciò per cui Osman Öcalan si adoperava nei primi anni 2000 (e che Abdullah Öcalan ha chiamato tradimento65) è oggi diventato realtà: nel "Comitato Supremo curdo" il PYD collabora con il Clan Barzani. Ci sono anche gli stretti legami con altre forze reazionarie, come ad esempio il PUK di Talabani (che ha sostenuto l'aggressione Yankee all'Iraq ed è stato ricompensato con quasi un decennio di presidenza del paese). Yildirim le chiama “alleanze più strategiche”. Lo stesso vale per il cartello elettorale Gorran (“Cambiamento”) di Nawschirwan Mustafa, creatura degli occupanti yankee. Significativi sono i legami in Iraq, perché lì, tra i monti Kandil, si trovano la retrovia principale e i campi del addestramento del PKK (come delle altre organizzazioni affiliate). Ciò non significa che tra il PKK e il clan Barzani non ci siano contraddizioni. Non vanno considerati uguali, anche se in alcuni aspetti si somigliano come gocce d'acqua. Da un lato, la filosofia marxista semplicemente rifiuta tale conclusione - che due sono uno o si uniscono in uno -, dall'altro, il maneggio di queste contraddizioni è particolarmente importante.
A livello internazionale gli interessi del PKK convergono con quelli dell’imperialismo yankee, come si ammette a denti stretti. Lo stesso vale per i legami diretti e indiretti. Perfino Yildirim ammette che le forze affiliate al PKK “si muovono i armonia e coordinamento con gli interessi USA”66 e che ci sono altre operazioni, come il blocco da parte dell’ US Air Force degli attacchi aerei dell’aviazione siriana su Hasêke. In realtà, la subordinazione all'imperialismo yankee va anche oltre. Lo dimostra l'attacco a Raqqa. Raqqa non è in territorio curdo, non lo si può giustificare come auto-difesa. Ciononostante, la SDF (dove, tra gli altri, l’YPG fa squadra con Jaysh al-Thuwar - Esercito dei Rivoluzionari, già parte della FSA - e Quwat as-Sanadid, milizia fudale di Sheikh Humaidi Daham al-Hadi) ha lanciato un’offensiva contro Raqqa. Inoltre, l’YPG ha obbedito all'ordine del Pentagono, proclamato pubblicamente da McGurk, consigliere speciale di Obama per la Coalizione Internazionale, di ritirarsi dal Manbij.67 Nient’altro che truppe di terra dell’imperialismo Yankee, questo è ciò che sono. Resta aperta solo la questione di quale prezzo abbiano negoziato. Inoltre, nella Siria settentrionale sotto il controllo dell’YPG ci sono alcune basi militari yankee (secondo la Reuters due68, secondo altri tre69).
Non merita ulteriore analisi l’argomento di Yildirim che porta il fatto di offrirsi all’imperialismo russo e di essere disposti a comprare “armi da Israele” come prova che si tratta di una forza anti-imperialista. È un masso che gli ricade sui piedi.
È altrettanto chiaro che le organizzazioni affiliate al PKK, come quelle che si piegano al vento opportunista di Kobanê, sono parte dell'offensiva propagandistica dell'imperialismo yankee per legittimare la loro aggressione contro i paesi musulmani, che parte dagli eventi dell'11 settembre e che cerca di rappresentare i musulmani in generale come barbari terroristi fin dal Medio Evo.70
Dunque, fermo restando quanto detto sopra sulla contraddizione e le disuguaglianze, il PKK serve gli interessi dell'imperialismo yankee. L’imperialismo yankee è oggi il nemico principale dei popoli del mondo, è un milione di volte più assassino di masse che lo Stato islamico, per fare un esempio. Anche degli stessi curdi. Lo Stato turco, che massacra la popolazione curda e ha invaso la Siria settentrionale, non avrebbe potuto mantenersi come Stato semi-coloniale e semi-feudale senza l'imperialismo yankee.
I comunisti erano attivi nei movimenti di liberazione in Africa e America Centrale, ma le loro lotte eroiche e sacrifici hanno finito per diventare appendici semi-coloniale e semi-feudali di una superpotenza, imperialista o social-imperialista. Così è stato in Mozambico, Zimbabwe o Algeria e in molti altri casi. Perfino nel caso in cui un partito rivoluzionario dirigeva il fronte, come ad esempio il Fronte Nazionale per la Liberazione del Vietnam del Sud, la cooperazione e subordinazione all'Unione Sovietica social-imperialista ha fatto sì che quell’eroica lotta del popolo vietnamita lo abbia infine ridotto una semi-colonia.
Al termine del suo lungimirante discorso sulla legittimità della teoria e pratica reazionaria del PKK e dei suoi sostenitori, Yildirim fa un ultimo tentativo per camuffare ciò che il PKK fa come marxismo: “Se si è seriamente interessati alla trasformazione del PKK e dell'attuale processo rivoluzionario in una prospettiva marxista-leninista, si dovrà portare questa prospettiva all’idea che esso ha, in particolare alla teoria e la pratica del dualismo di potere. ... La teoria del confederalismo democratico e la pratica rivoluzionaria in Rojava rappresentano oggi esattamente una fase di dualismo sposato a una rivoluzione democratica. Da un lato, in tutti i paesi in cui sono attive, le forze curde vicine al PKK stanno optando per una rivoluzione democratica che porti a compimento i compiti delle rivoluzioni borghesi, che in questi paesi sono state, nella migliore delle ipotesi, solo parzialmente democratiche. Dall’altro lato, resta valida l'intuizione di Lenin, e cioè che le borghesie dei diversi paesi in cui il modo di produzione capitalistico si è sviluppato più tardi rispetto ai centri imperialisti mancano di completare la rivoluzione democratica, e per una buona ragione, perché questa non corrisponde al loro carattere e, quindi, che la rivoluzione democratica deve essere imposta alla borghesia. Qui entra in gioco il ruolo del dualismo di potere: la democrazia dei consigli (soviet).”71
È qui il caso di notare brevemente che nella rivoluzione russa di febbraio c’erano inizialmente tre forze: “ 1) la monarchia zarista, alla testa dei grandi proprietari feudali e dei vecchi funzionari e generali; 2) la Russia ottobrista e cadetta della borghesia e dei grandi proprietari fondiari, dietro la quale si trascina la piccola borghesia (i cui principali esponenti sono Kerenski e Ckheidze); 3) il Soviet dei deputati operai, che cerca i suoi alleati in tutto il proletariato e in tutta la massa della popolazione povera ...”72 Questa è la fase della rivoluzione democratica, signor Yildirim. In questa fase i marxisti assunsero questa posizione: “La nostra è una rivoluzione borghese, diciamo noi marxisti, e quindi gli operai devono aprire gli occhi al popolo dinanzi alla mistificazione dei politicanti borghesi, insegnargli a non credere alle parole, a contare soltanto sulle proprie forze, sulla propria organizzazione, sulla propria unità, sul proprio armamento.”73 Se si volesse fare un paragone, l’unica conclusione sarebbe che che i governi nel nord della Siria sono, nel “migliore” dei casi, un altro governo Kerenski. Sia il carattere di classe del PKK e la costituzione di Rojava non lasciano spazio ad altra conclusione.
I soviet, scrive ancora Lenin, vanno intesi come “organi per l’insurrezione” “in tutte le località della Russia senza eccezione, per tutte le categorie e per tutti gli strati della popolazione proletaria e semi-proletaria senza eccezione” “Noi abbiamo necessità di uno Stato. Ma non tale quale lo ha creato dappertutto la borghesia, dalle monarchie costituzionali fino alle repubbliche più democratiche. Sta qui la differenza tra noi e gli opportunisti e i kautskiani dei vecchi putrescenti partiti socialisti, che hanno snaturato o dimenticato gli insegnamenti della Comune di Parigi e l'analisi che ne hanno fatto Marx ed Engels.”74 Dunque, i soviet non sono al servizio della riconciliazione di classe - come in Rojava - ma sono strumenti per stabilire della dittatura del proletariato. Nessuna dichiarazione di questo tipo è stata mai fatta dai governi nel Nord della Siria, al contrario. Ciononostante, gli apologeti di Ocalan hanno il coraggio di proporre questo paragone. Questa disonestà gli costerà caro, il proletariato rivoluzionario gli presenterà il conto.
Con una confusione così profonda, non sorprende che “un partito di quadri militanti rigorosamente disciplinati, il PKK” sia “ascritto al marxismo-leninismo classico”75 senza alcuna considerazione del carattere di classe (il PCUS di Khrushchev come il PCC di Deng erano partiti borghesi-fascisti).
Diventa qui evidente che in realtà l'autore vuol dare a intendere di essere in grado di giocare al marxista, ma la sua comprensione di esso è insufficiente. Ciò si esprime anche nel fatto che il nome di un avventuriero, ex legione straniera, criminale per professione al soldo dell'imperialismo come Günther Kelsten, venga posto accanto a quello di una rivoluzionaria, figlia dalle masse più ampie e più profonde, come Ivana Hoffman. Non cambiano questo dato le “critiche” che ogni tanto Yildirim formula alla “rivoluzione in Rojava” che non si spinge “abbastanza lontano”, per poi perdonarla subito formulando pie speranze.
Una conclusione di Yildirim: “Ai comunisti e rivoluzionari sociali deve essere chiaro che la prospettiva di un'alleanza strategica con il movimento di liberazione curdo orientato dal PKK deve puntare a raggiungere Rojava/Siria, Turchia e Medio Oriente.”76 e “... dare lezioni dall'esterno, invece, può solo portare le forze comuniste ad essere esclusi da tutti gli sviluppi sul campo ed essere percepite come elitari schizzinosi.”77 Va ribadito con forza che se i comunisti fossero, in alleanza con il PKK, sotto la guida yankee, parte dell'aggressione contro la Siria ed i popoli arabi, screditerebbero per anni la rivoluzione proletaria mondiale. Al contrario, essi devono mobilitare coraggiosamente le proprie forze e opporsi risolutamente alla canea contro-rivoluzionaria, fianco a fianco con le masse più sfruttate e oppresse. Là dove non esistono, occorre (ri)costituire i partiti comunisti e dove là dove non si combatte la guerra popolare occorre iniziarla il prima possibile per avanzare verso il comunismo attraverso rivoluzioni democratiche che procedano senza interruzioni alla rivoluzione socialista, e le rivoluzioni culturali. Quest'ultimo è compito sussiste in tutti i paesi del mondo.
Considerando che la tempesta opportunista di Kobanê si è diffusa in tutto il mondo e che molti giovani, fondamentalmente progressisti, sono pronti a dare la vita nella lotta in corso nel nord della Siria (nella loro intenzione contro l'imperialismo) e che lo fanno, è urgente necessità che il movimento comunista internazionale, il proletariato internazionale e dei popoli del mondo, i rivoluzionari e anti-imperialisti di tutti i paesi abbiano chiari gli eventi in Asia occidentale, in particolare il ruolo del PKK e dei suoi complici, e che prendano coerente una posizione chiara. Occorre determinazione contro gli opportunisti, il loro falso "anti-imperialismo" e le loro convergenze con la linea del PKK.

Alexandra Becker, Dicembre 2016

Note

1Titolo originale: “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. ZurRojava -Debatte”
2I diversi articoli che formulano critiche al PKK e alle organizzazioni ad esso affiliate hanno le rispettive peculiarità, in definitiva le critiche sono fondamentalmente giuste. La nostra si basa in particolare per l'articolo "Unruhestifter" dei compagni della rivista "Klassenstandpunkt", pubblicato due anni fa, che ha tracciato una netta linea guida
3Dalla canzone “Das Lied vom Klassenfeind”, traduzione nostra
4Titolo originale “Krach in der imperialistischen Pyramide”
5Cfr. Aleka Papariga: “Über den Imperialismus und die imperialistische Pyramide”
6Kader Yildirim: “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”, lowerclassmag.com; ottobre 2016
7ibidem
8ibidem
9ibidem
10“La Rivoluzione Democratica”, Partito Comunista del Perù
11Yildirim: “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
12“Gesellschaftsvertrag für Rojava”, paragrafi 2 A e B; citati in Civaka Azad Infoblätter; marzo 2014; traduzione nostra
13Secondo Karl Marx
14Cfr. Mussolini, “Lo Stato corporativo”
15“Gesellschaftsvertrag für Rojava“, paragrafo 41; citato in Civaka Azad Infoblätter; marzo 2014; traduzione nostra
16“Gesellschaftsvertrag für Rojava“, paragrafi 39 e 40; citato in Civaka Azad Infoblätter; marzo 2014; traduzione nostra
17Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte“; traduzione nostra
18ibidem
19Öcalan, “Jenseits von Staat, Macht und Gewalt”; traduzione nostra
20ibidem
21ibidem
22ibidem
23cfr. l’articolo sulla rivoluzione democratica apparso sul n. 12 della rivista “Klassenstandpunkt”, che tratta più ampiamente l’argomento
24Lenin “Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica”
25Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
26Nell’omonima poesia
27Il programma del PKK, edizioni Wêsanen Serxwebûn; scritto nel 1977, la prima traduzione in tedesco è dell’aprile 1984
28Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
29ibidem
30Frederick Engels, Prefazione all’edizione inglese del 1888 del Manifesto del Partito Comunista
31Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”
32Citato da Jörg Ulrich, “Selbstkritik der PKK“; traduzione nostra
33“Günter Wallraff im Gespräch mit den PKK-Führer Abdullah Öcalan“, Die Zeit; 28.02.1997; traduzione nostra
34Yildiri, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte“; traduzione nostra
35Öcalan:, “Jenseits von Staat, Macht und Gewalt”, capitolo “Gesellschaft und Individuum”
36nadir.org, “Der 10. PKK-Kongress, Die Vollendung des Neuaufbaus, Zusammenfassung von Gesprächen mit Cemil Bayik, Murat Karayilan und Duran Kalkan“; traduzione nostra
37Öcalan “Plädoyer für den freien Menschen“; traduzione nostra
38Un esempio abbastanza calzante è la questione dello Stato. Ho già trattato in parte questo punto. Il lavoro teorico di Ocalan sulla teoria marxista dello Stato si può riassumere in una delle sue affermazioni: “La feticizzazione dell’indipendenza dello stato nazionale è un'utopia piccolo borghese.” [Ocalan, "Jenseits von Staat, Macht und Gewalt"; traduzione nostra] Il suo rifiuto dell'entità Statale, però, non si estende allo Stato turco. Dalla dichiarazione di capitolazione del Newroz 2013 - “È giunto il momento di ritirare le nostre forze armate dietro il confine” - Ocalan indica la rotta: “turchi e curdi insieme hanno ucciso in combattimento a Çanakkale, insieme hanno intrapreso la guerra di liberazione e nel 1920 insieme hanno inaugurato il parlamento. La realtà del nostro passato comune suggerisce che dovremmo costruire insieme anche il nostro futuro comune. Lo spirito che ha fondato l’Assemblea Nazionale Turca illumina anche la nuova era, che inizia oggi. ... Il sistema della modernità democratica è la nuova opzione per uscire dall’oppressione. Collocatevi in essa e adattatevi alla sua mentalità e forma” [dichiarazione storica di Ocalan per il Newroz 2013; kurdistan.blogsport.de; traduzione nostra]
39Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte“; traduzione nostra
40ibidem
41ibidem
42Degno di nota è il seguente estratto da un'intervista al Vice-Magazin: “Ma c'è tanto supporto aereo da parte della Coalizione internazionale. Senza di esso, poco si sarebbe ottenuto con l'offensiva. Parte di questi sono stati bombardamenti incredibilmente intensi, che ci hanno ci ha aiutato enormemente. Mai abbiamo attaccato se non dopo un bombardamento. Perciò all'inizio non avevamo un’esperienza adeguata di resistenza. Naturalmente Daesh non ha alcuna possibilità contro la superiorità della Nato. Sono rimasti solo quelli votati alla morte. Due o tre volte siamo stati bombardati con mortai, ma dopo un paio di colpi arrivava un aereo e il mortaio non c'era più” [Https://www.vice.com/de/article/ich-war-bereit-dort-zu -sterben-Ein-deutscher-linker-im-Kampf gegen--den-islamischen-Staat-992; traduzione nostra]
43Yildirim: “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte“; traduzione nostra
44cfr. Stern.de: “200 weitere US-Soldaten sollen Rückeroberung von IS-Hochburg Raka unterstützen“, 10.12.2016
45washingtonpost.com: “This is where American Special Operations forces are helping advise U.S. allies“, 14.07.2016
46Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; Traduzione nostra
47Mao Tse-tung: “La situazione attuale e i nostri compiti”; sottolineatura nostra
48Yildirim: “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”
49“These über die internationale Lage und die Aufgaben in der Internationalen Kommunistischen Bewegung”; cited fromhttp://www.demvolkedienen.org/index.php/de/t-theorie/t-dokumente/1161-these-ueber-die-internationale-lage-und-die-aufgaben-in-der-internationalen-kommunistischen-bewegung; my translation
50Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; Traduzione nostra
51Nella Siria settentrionale sotto il controllo del YPG ci sono diverse basi militari americane
52Yildirim, apologeta di Ocalan, si chiede retoricamente “hanno i curdi mai "invitato"gli Stati Uniti o la Turchia nel nord della Siria?” La risposta è no. Ebbene, non solo la realtà, ma lo stesso Öcalan lo contraddice: “... Saluto anche lo “spirito di Ashme””. [Messaggio di Abdullah Öcalans ai festeggiamenti del Newroz, 21/3/2015; civaka-azad.org; traduzione nostra].
Il 22 febbraio nel 2015 c'è stata una azione coordinata, precedentemente negoziata a livello diplomatico, del YPG e dell'esercito turco, al mausoleo di Suleiman Shah. Successivamente, le spoglie sono stati sepolte a ovest di Kobanê dove bandiere turche sono state issate accanto a quelle col ritratto di Ocalan. Questo è lo “spirito di Ashme”. Un’aggressione congiunta di YPG e Stato turco contro lo Stato siriano. [Cfr. Nick Brauns: "Geschickter Schachzug"; 2015/02/23]
53Mao Tse-tung: “Sulla Pratica”
54Lenin: “I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione”
55“Eine Klasse – Eine Ideologie – Eine Partei – Eine Revolution“; Klassenstandpunkt n. 9, Decembre 2015
56Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
57Viva la vittora della dittatura del proletariato!; articolo delle redazioni del Quotidiano del popolo, Bandiera rossa e del Quotidiano dell’Esercito popolare di Liberazione per la celebrazione del centenario della Comune di Parigi.
58“Günter Wallraff im Gespräch mit den PKK-Führer Abdullah Öcalan“, Die Zeit; 28.02.1997; traduzione nostra
59Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
60ibidem
61ibidem
62ibidem
63Ibidem, la sottolineatura è nostra
64ibidem
65Cfr. Nikolaus Brauns, Brigitte Kiechle, “PKK – Perspektiven des kurdischen Freiheitskampfes: Zwischen Selbstbestimmung, EU und Islam“
66Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
67Cfr. Seyit Evran: “Raqqa, die Angriffe der Türkei und das Schweigen der Koalition und Russlands“, 24.11.2016, Firatnews; civaka-azad.org
68Suleiman Al-Khalidi: “U.S. builds two air bases in Kurdish-controlled north Syria: Kurdish report“, 06.03.2016; reuters.com
69“US-Kolonie Rojava? Washington errichtet Militärbasen in syrischem YPG-Gebiet“, 28.04.2016; kommunisten.ch
70Cfr. Azad, per il Comitato Centrale del PCI(Maoista): “Racist cartoons against Prophet Mohammed are a deliberate conspiracy of the imperialists to denigrate the Muslim community!”, 26 febbraio 2006
71Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
72Lenin, lettere da lontano, prima lettera
73ibidem
74Lenin, lettere da lontano, terza lettera
75Yildirim, “Bürgerlicher Antiimperialismus und bürgerlicher Kommunismus als Revolutionsblockade. Zur Rojava-Debatte”; traduzione nostra
76ibidem
77ibidem